VII e VIII Dinastie Egitto

2200-2170 a.C. (Primo Periodo Intermedio)

Secondo Manetone la VII dinastia sarebbe formata da settanta re di Menfi, che avrebbero regnato per settanta giorni. L'VIII dinastia, di Menfi anche questa, comprenderebbe ventisette re per 146 giorni di regno. Secondo il Canone di Torino la VI dinastia è conclusa da otto effimeri re, successori di Pepi II, dal regno molto breve. L'elenco di Abido mette al loro posto ben diciotto re prima di saltare direttamente agli ultimi sovrani della XI dinastia. Non è facile far coincidere qualcuno dei nomi di questo elenco con gli unici quattro rimasti nel Canone di Torino, ma sembra probabile che il quartultimo cartiglio desse il prenome di quell'Ibi dei frammenti torinesi la cui insignificante piramide fu scoperta da Jéquier a Saqqara. Neferkara, il prenome di Pepi II, che si ripete ora completo ora parziale in ben sei dei nomi regali della serie di Abido, dimostra come questi sovrani minori tenessero ancora ai legami di sangue con il più venerato faraone della VI dinastia. E' probabile che in effetti tutti i regni corrispondenti alla VII e alla VIII dinastia di Manetone si condensassero in uno spazio di tempo relativamente breve, forse non più di un quarto di secolo.

E' impossibile precisare il momento in cui scoppiarono quei gravi disordini che segnarono la fine dell'Antico Regno, la cui realtà storica è fuor di dubbio, e vi è ragione di credere che perdurassero senza interruzione o a intervalli fino a buona parte della XI dinastia. Dobbiamo quindi supporre che la monarchia menfita sia andata sempre più indebolendosi finché non le fu più possibile tenere sotto controllo i monarchi delle province più lontane a monte lungo il fiume. Cessano ora del tutto notizie dirette del delta. Le spedizioni al Sinai in cerca di turchesi sono finite e non verranno riprese che verso la XII dinastia. Se un sigillo cilindrico dall'aspetto barbarico con il cartiglio di Khendy e uno scarabeo recante il nome di Tereru appartennero realmente ai re così denominati nell'elenco di Abido, ciò dimostrerebbe che si doveva ricorrere all'artigianato siriano anche per simili oggetti di poco conto.

IX e X Dinastia

2170-2030 a.C. (Primo Periodo Intermedio)

La IX e la X sono entrambe di Eracleopoli, con diciannove re ciascuna e una durata, secondo Manetone, di 409 e 185 anni. Per tutto questo spazio di tempo si fa il nome di un solo re, Achtos, collocato nella IX dinastia. Di lui Manetone dice che fosse più crudele di tutti i suoi predecessori, ma poi finì pazzo e sbranato da un coccodrillo. Siamo completamente all'oscuro sulle circostanze che determinarono l'ascesa del "Casato di Akhtoy". La città di origine, Eracleopoli, è l'odierna Ihnasya el-Medina, cittadina a occidente del Nilo di fronte a Beni Suef; 55 miglia a sud di Menfi. Niente vi è rimasto a rivelare l'importanza che ebbe nell'antichità, ma testimonianze rinvenute altrove confermano quanto ci tramanda Manetone sull'origine eracleopolitana della IX e della X dinastia. Ci risulta che il nome di Achtos, o Akhtoy, fu scelto da non meno di tre sovrani diversi per il loro secondo cartiglio. E molto probabile, anche se mancano documenti sicuri, che il primo re della dinastia abbia adottato come nome di Horo quello di Meribtowe ("Diletto al cuore dei Due Paesi"), e per dare più forza alle proprie rivendicazioni non esitò ad assumere tutti i titoli faraonici. Per essersi elevato a questo altissimo rango doveva possedere un carattere di eccezionale energia, ma tutto ciò che rimane a convalidare l'autenticità della sua esistenza è un braciere di rame del Louvre, un bastone d'ebano proveniente da Mir, e pochi altri oggetti ugualmente insignificanti. Un secondo Akhtoy, il cui prenome era Wahkara, è noto solo attraverso una bara finemente decorata proveniente da El-Bersha, sulla quale pare che i suoi cartigli siano stati scritti per errore al posto di quelli del vero titolare, l'intendente Nefri. L'esistenza di un terzo re dello stesso nome, Akhtoy Nebkaura, è attestata soltanto da un peso proveniente dagli scavi a Er-Retaba e da una citazione in una delle poche opere di narrativa egizia giunte complete fino a noi, nella quale si racconta la storia di un contadino dell'oasi periferica dello Wadi Natrun, derubato del suo asino e di tutta la mercanzia mentre si recava a Eracleopoli. L'eloquenza con la quale il contadino sporse le sue lagnanze al signore del ladro fu tale che fu trattenuto perchè si potessero scrivere le sue suppliche, rimproveri e invettive onde divertire il sovrano. Nel Canone di Torino erano in origine registrati non meno di diciotto sovrani del medesimo casato, e il nome di Akhtoy ricorre due volte, sempre inaspettatamente preceduto da Neferkara, mentre gli altri nomi sono in parte cancellati, inidentificabili, o perduti.