La Stele di Rosetta

Se oggi siamo in grado di leggere i gieroglifici è grazie ad una stele di granite nera, scoperta nel 1799 dal potente esercito francese sbarcato in Egitto al comando di Napoleone Bonaparte.

Al seguito dell’imperatore viaggiavano scienziati con l’incarico di scoprire e studiare i resti delle antiche civiltà egiziane. Fra gli oggetti raccolti durante la spedizione napoleonica c’era questo blocco di granite su cui era incisa una dedica al faraone Tolomeo V Epifore in tre differenti caratteri: geroglifica, la prima scrittura usata in Egitto, demotica e in lingua greca, parlata dalla dinastia regnante, e che ebbe grande importanza per interpretare la scrittura egiziana.
Poiché la pietra fu ritrovata presso la città di Rosetta, sul Nilo, venne chiamata Stele di Rosetta.

Stele di Rosetta

Le due grandi personalità che si impegnarono nel lavoro di decifrazione della stela furono il fisico inglese Thomas Young e il linguista fracncese Jean-Francois Champollion.

Nel 1819 Young era più avanti rispetto al suo rivale francese, aveva infatti già decifrato il testo demolitico, identificando i simboli per Cleopatra e Tolomeo.

Qualche anno dopo, nel 1822, tramite accurati confronti con altri testi, Champolion (vero genio linguistico che cominciò lo studio delle lingue orientali ad undici anni, conoscendo già quelle europee diventando professore a diciannove), fu in grado di decifrare i geroglifici basandosi su un’altra lingua utilizzata nel tardo egizio, il copto, e capì di essere di fronte a più tipi di geroglifici con diverse funzioni: scoprì la base del sistema di scrittura geroglifica.

Nella sua riuscita fu determinante una scoperta successiva avvenuta nel 1815, quando furono rinvenuti nell’isola di Philae due piccoli obelischi: una seconda stele con un doppio testo geroglifico e greco, e una con il nome di un altro faraone, Tolomeo (Evergete II), con la consorte Cleopatra III . Lo scienziato, leggendo il testo greco, aveva notato che per otto volte ricorreva un anello ovale chiamato cartiglio, contenente numerosi geroglifici insieme due segni che non vengono letti: uno determinativo che indica la categoria maschile o femminile cui il nome appartiene e un altro indicante la desinenza dello stesso. Champollion mise in ordine le lettere del nome di Tolomeo, osservando la posizione degli ideogrammi, sotto i corrispondenti segni del cartiglio e potè comprendere ad ogni segno quale lettura del nostro alfabeto corrispondessero. Lo stesso fece per Cleopatra, l’altro nome raffigurato.

Percepì dunque che per ciascun geroglifico non corrispondeva necessariamente una parola. Ha dedotto che essi non erano ne pittogrammi ne ideogrammi, in quanto non rappresentavano esclusivamente oggetti o concetti, ma all’interno di un identico testo potevano avere sia valore simbolico sia fonetico. In seguito Champollion trascrisse un alfabeto che pubblicò nel suo libro Le Lettre à M. Dacier mettendo così le basi alla nascita della scienza dell’egittologia moderna.

La Stele di Rosetta, di cui una copia fedele si trova murata nella grande sala del pianterreno del Museo Egizio del Cairo, è tuttora nel possesso del British Museum di Londra (vedi immagine a sinistra), a dispetto delle reiterate richieste di restituzione da parte delle autorità egiziane di competenza.

Gli argomenti contro la sua restituzione sono gli stessi di quelli a cui gli Inglesi si affidano per i Marmi di Elgin. “Può dare il suo massimo” nella sua attuale sede, dove è vista in un contesto storico di dimensioni molto ampio. Essendo la punta di diamante della collezione egiziana del British Museum, se fosse riportata al Museo del Cairo, che ha meno della metà del numero dei visitatori del British Museum, sarebbe vista da meno persone.