La battaglia per la Stele di Rosetta

L'evoluzione della vertenza si pone in termini decisamente irti di difficoltà, da quando il Capo degli Archeologi Egiziani ha domandato risolutamente al British Museum la restituzione della Stele di Rosetta. Ma il Museo sostiene che la rimozione della lastra della dimensione di quattro piedi, che svelò il mistero dei faraoni, sarebbe disastrosa.

Proprio poco prima che Zahi Hawass iniziasse la sua conferenza sull'Antico Egitto al British Museum, la scorsa settimana, le luci si sono spente. Il simbolismo è stato piuttosto chiaro a molti del pubblico.

Il nuovo direttore del Supremo Consiglio per le Antichità in Egitto è un uomo molto propenso ad infrangere quello che viene considerato il normale ordine delle cose. Mentre si trovava a Londra per la conferenza, ha sganciato una vera e propria bomba diplomatica. Nel corso di una colazione privata con il direttore del British Museum, il Dr Neil MacGregor, ha pacatamente annunciato che l'Egitto intende impegnarsi per ottenere la restituzione della Stele di Rosetta.

Nessuna meraviglia che le luci si siano spente. Il reperto di 2000 anni è forse il più importante e famoso dei pezzi in esposizione al museo. Attira l'attenzione di milioni di visitatori ogni anno, ed è visto da più di 5.5 milioni degli ospiti annuali del museo; più che ogni altro singolo oggetto.

Fino a poco tempo or sono, il Dr Hawass era il Direttore Generale Archeologico della Piana di Giza, ma lo scorso anno è stato nominato Segretario Generale del Supremo Consiglio di Antichità. Ciò ha amplificato i suoi poteri.

Nelle settimane precedenti, si era verificato un altro scontro con uno dei più conosciuti egittologi al mondo, il direttore del Museo Egizio di Berlino, Dieter Wildung. Wildung ha permesso che due artisti ungheresi utilizzassero il busto di 3300 anni or sono della Regina Nefertiti per realizzare un'opera moderna, consistente in un  video per la Biennale di Venezia. E' stato “solo per poche ore” ma si è immediatamente levato un grido dal Cairo, secondo il quale Wildung aveva “diffamato la storia egizia”. Wildung – e sua moglie anch'essa archeologa - hanno ora avuto negato il permesso di effettuare scavi in Egitto nel prossimo futuro, e nessun ufficiale egiziano collaborerà più con loro in alcuna circostanza.

Questo non è tutto. L'archeologa inglese, Dr Joann Fletcher, una specialista di mummificazione dell'Università di York, aveva recentemente annunciato di avere individuato la mummia di Nefertiti, la matrigna del leggendario re-ragazzo Tutankhamun, che governò il regno del Nilo nel XIV secolo a.C. – e la cui tomba, quando fu scoperta nel 1922, divenne il ritrovamento più famoso di tutta l'egittologia, contenendo così tanti artefatti da richiedere 10 anni per rimuoverli dal sito.

Hawass ha reagito furiosamente all'annuncio della Fletcher. L'accademica inglese aveva trovato, in una tomba del periodo corrispondente, una mummia con un collo lungo, simile a quello di Nefertiti, come altri collegamenti fisici, quali il sopracciglio ispessito, il lobo dell'orecchio doppiamente forato, e la testa rasata.

“Fletcher è una principiante, ha ottenuto il suo dottorato di ricerca solo poco tempo fa, e non può, con una simile limitata esperienza, giudicare una simile scoperta” ha tuonato Hawass. “I gruppi di scavo stranieri, che hanno fatto dichiarazioni temerarie o comunque non corrette” ha ammonito “avranno i loro lavori bloccati”. Un ben noto archeologo inglese è già stato messo al bando, secondo il giornale del Cairo Al-Ahram. (...)

Dato il precedente dei Marmi di Elgin, si può pensare che la richiesta di Hawass avrà l'impatto di una palla di neve nel deserto. Le sculture di 2500 anni or sono, che ritraggono scene religiose e mitologiche, che una volta adornavano il Partenone di Atene, sono state rimosse attorno al 1804 e portate a Londra dal diplomatico inglese Lord Elgin.

Atene ne ha chiesto la restituzione fin dal 1829 senza successo – e Neil MacGregor ha recentemente dichiarato che non saranno mai restituite alla Grecia, nemmeno in prestito.

Dal momento che il dipartimento di Antichità Egiziano al British Museum è forse il più grande e importante al di fuori del Cairo –illustrando ogni aspetto dell'antica cultura egizia, dai tempi pre-dinastici (4000 a.C. ca.) al periodo Copto (Cristiano) XII secolo – si poteva supporre fosse immune da pressioni. Ma la moglie del curatore di antichità egiziane, Vivian Davies, è l'archeologa Reneè Friedman, direttrice della spedizione americana a Hierakonpolis, sito della prima capitale egizia, dove ha scoperto un sistema di scrittura completo, in una necropoli pre-dinastica datata al 3500 a.C. Già vi sono state voci che Davies e Friedman potrebbero presto trovarsi nella stessa posizione di Wildung e sua moglie.

Sulla lista degli acquisti di Hawass, insieme alla Stele, vi è il busto della Regina Nefertiti del Museo di Berlino, la statua di Hatshepsut nel Museo Metropolitan di New York, e perfino l'obelisco di Place de la Concord, uno dei più famosi monumenti dell'intera Parigi, che egli vuole sia riportato al tempio di Luxor, dove era originariamente in coppia con un altro. E questo è solo il materiale più ingombrante. Rivuole anche la statua di granito rosso di cinque piedi di Alessandro Magno dal Museo di Francoforte, come anche 17 oggetti dalla Norvegia e 4 dal Giappone.

L'accordo internazionale relativo, stipulato sotto l'egida dell'UNESCO, prevede che i governi abbiano diritto di ottenere la restituzione di antichità rubate dopo il 1971, ma Hawass pretende anche artefatti come la Stele di Rosetta, che si trova al British Museum dal 1802. Non è difficile comprendere perché la stele si trovi in cima alla sua lista.

La stele è una compatta lastra di basalto, lunga meno di 4 piedi, sulla quale è inciso un testo scritto da un gruppo di sacerdoti riunitisi a Menfi nel primo anniversario dell'incoronazione di Tolomeo V come re di tutto l'Egitto. Era un tentativo di enfatizzare agli occhi dell'elite egiziana la legittimazione del re tredicenne, la cui dinastia era greca ma che aveva governato l'Egitto dalla frammentazione dell'Impero di Alessandro il Grande. Così elenca tutte le buone cose che il faraone ha fatto per i sacerdoti e per la gente. La lista si è rivelata essere la chiave che aprì le porte dei misteri dell'Antico Egitto.

La pietra è stata trovata nel 1799 dai soldati francesi che scavavano le fondazioni di un forte addizionale presso la città di Rashid (Rosetta in Inglese) sul delta del Nilo, nel corso della spedizione di Napoleone in Egitto. La pietra è stata ceduta all'Inghilterra con il trattato di Alessandria del 1801, e l'anno successivo trasportata al British Museum. Qui ha intrigato i crittologi per decenni.

Quel che è unico in questa stele è che riporta lo stesso testo in tre differenti linguaggi. Il primo in pittogrammi conosciuti come geroglifici – lo scritto dei testi ufficiali e religiosi che gli Egiziani usarono per circa 3550; il secondo in demotico – il linguaggio di tutti i giorni del tempo. Entrambe non si sarebbero potuti decifrare. Ma era anche scritta nel greco usato dai regnanti tolemaici. Fino alla scoperta della pietra, tutti i tentativi di scoprire i segreti degli antichi geroglifici egiziani trovati sulle pareti delle tombe erano falliti. Le pitture si riteneva – erroneamente - fossero solo simboliche, ognuna rappresentando un oggetto o un'idea.


scrittura demotica

scrittura geroglifica

scrittura greca

Ma da allora Thomas Young, un medico inglese che studiò la pietra, mostrò che i sette ovali allungati, o cartigli, nella sezione geroglifica, sillabavano qualcosa foneticamente – il nome reale di Tolomeo. Questo ha permesso di capire che i geroglifici non avevano solo significato simbolico, ma che servivano anche come “linguaggio parlato”.

Gradualmente altri svilupparono il suo lavoro. Finalmente, nel 1822, lo studioso francese J-F Champollion riuscì a ricavare, mediante riferimenti incrociati al moderno Copto, quelli che erano i sette equivalenti demotici. Quindi iniziò a riportare questi segni demotici ai segni geroglifici, allargando la lista di geroglifici fonetici di Young, fino a gettare le fondamenta dell'antico linguaggio.

Era, come un ex-direttore del British Museum, Graham Green, aveva reso con una perdonabile iperbole “il più importante evento del secondo millennio”. Il che spiega perché Zahi Hawass sia ansioso di avere la Stele nella sua collezione del Cairo.

Gli argomenti contro la sua restituzione sono gli stessi di quelli a cui si affidano per i Marmi di Elgin. “Possono” – secondo le parole di Neil MacGregor, in conclusione di un incontro con un gruppo di opinione inglese che chiedeva la restituzione alla Grecia – “fare il massimo bene” nella loro attuale sede, dove sono visti in un contesto storico di dimensioni enormi. “Il British Museum è uno dei grandi successi culturali dell'umanità: è molto importante che vi sia un luogo in cui tutto il mondo possa raccogliere i propri successi. Personalmente, non vedo differenze tra la cultura visiva greca e la cultura visiva dell'Italia e dell'Olanda, che sono similmente sparse per il mondo” ha dichiarato MacGregor.

La Stele di Rosetta è la punta di diamante della collezione egiziana del British Museum. Se fosse riportata al Museo del Cairo, che ha meno della metà del numero dei visitatori del British Museum, sarebbe vista da meno persone. Questo è il motivo per cui gli Inglesi stanno assumendo la stessa linea di condotta per la Stele come per i Marmi.

“Quale curatore nel British Museum vorrebbe realmente vedere andar via un oggetto che è assolutamente il cuore della nostra istituzione?” ha dichiarato Vivian Davies.

Ma c'è da aspettarsi che Zahi Hawass non cederà tanto facilmente. Entro poche settimane dal suo insediamento, ho creato un nuovo Diparti,mento per le Missioni Archeologiche Straniere, che ha destato non poca preoccupazione nei gruppi di archeologi non egiziani al lavoro in Egitto. Si richiede ora infatti che sottoscrivano un progetto definendo i precisi limiti dell'area di scavo, che non potrà essere successivamente estesa. E' concesso loro solo uno scavo per stagione. Debbono sottoscrivere rapporti archeologici in arabo come nella loro lingua d'origine. Nelle aree principali di Giza e Saqqara, potranno lavorare ancora fino al 2004.

“La nostra politica non è di limitare il numero di missioni archeologiche straniere in Egitto, né di rendere loro le cose difficili” ha dichiarato Hawass al giornale Al-Ahram “ma controllare gli scavi ed incoraggiare la documentazione, le pubblicazioni, i restauri e la conservazione”.

Ma gli archeologi stranieri sono in ansia. “Credevamo fosse uno di noi, fino a che ha ottenuto questo posto” ha dichiarato uno “Ora sembra essere ubriaco di potere; è come avesse sete di vendetta per ciò che è accaduto in passato” (Hawass era stato criticato da Dieter Wildung ed altri per la sua mania di protagonismo in documentari televisivi che usavano personaggi hollywoodiani e computer graphics).

Hawass ha anche un lato emotivo. Quando le statue scoperte nei suoi scavi sono state inviate, temporaneamente, ad una mostra del Louvre, ha dichiarato: “Ero molto triste quel giorno, perché mi stavano portando via i miei bambini”. E ha offerto in aggiunta una giustificazione mistica. “Noi [moderni egiziani] siano i discendenti dei faraoni. Se guardate i volti dei popoli dell'Alto Egitto, la relazione tra Egitto antico e moderno è molto chiara”.

Il suo governo – il suo speciale sostenitore è la moglie del Presidente, Suzanne Mubarak – vede nel suo nazionalismo culturale uno strumento per placare lo scontento dei fondamentalisti islamici che sostengono che l'Egitto sia troppo occidentalizzato. Un prominente politico egiziano ha denunciato gli esperimenti di Berlino con il busto di Nefertiti come “anti-Islamici”, a dispetto del fatto che la regina co-regnò con il faraone Akhenaton, che istruì la società egiziana perché adorasse un solo dio, il dio sole, quasi 2000 anni prima della nascita del profeta Maometto.

“Zahi Hawass svolge il suo lavoro in modo troppo aggressivo” ha dichiarato un archeologo inglese, con considerevole ironia. “La paura è” ha dichiarato un altro egittologo “che Zahi abbia davvero qualcosa contro gli stranieri e che in cinque anni non vi saranno più scavi a conduzione straniera in Egitto. Hawass dice che solo il 30% dei monumenti egiziani sono stati scoperti fino ad oggi, e che vuole essere sicuro che il restante 70% sia scoperto da Egiziani. Nel contempo, vuole avere indietro quanto più potrà dai musei stranieri.

Nel partire per tornare in Egitto, Hawass ha offerto un compromesso –“un possibile prestito di tre mesi della Stele”. Gli ufficiali del British Museum hanno pubblicamente descritto l'idea come “costruttiva”, ma nell'intimo, temono che la Stele, una volta partita,  non farebbe più ritorno.

Forse il prestito potrebbe essere reciproco. L'iconica maschera funeraria del Re Tut potrebbe arrivare a Londra mentre la Stele di Rosetta si trova al Cairo. L'idea di un ostaggio, dopo tutto, dovrebbe essere familiare a chiunque conosce gli intrighi della storia passata di quelle antiche terre.